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Via della Villa è come un lungo serpente che attraversa le campagne di Formello fino a raggiungere la zona industriale. Se si arriva sul posto in un momento in cui il sole è alto, la strada diventa quasi color argento, un effetto ottico su cui domina l’imperativa Torre Chigi circondata da un nuvolone di cornacchie rumorose.
Un nido di rovi è ciò che la difende da curiosi ma anche il nemico crudele che l’ha incatenata per sempre in un angolo, rendendola vittima del tempo e dell’incuria.

E’ un complesso davvero suggestivo quello della Villa Versaglia, pericolante e dal silenzio stridente, posseduto da invadenti arbusti e fogliame, antichi pipistrelli e ragni, catturato o custodito, secondo i punti di vista, da una natura che gli esplode dentro.  
Flavio Chigi, nipote di papa Alessandro VII e colto mecenate, acquistò nel 1661 i territori di Formello che all’epoca rientravano nel principato di Campagnano e, intorno al 1664, fece costruire la residenza estiva della famiglia prospettandole un futuro degno di una moderna Versailles che il cardinale aveva visitata di recente e da cui tentò di trarre ispirazione.
La Casa Padronale, la Torre Colombaia, Il casino di famiglia, il casino nobile e la Cappella dedicata a San Francesco di Sales non avevano nulla a che vedere con la residenza francese tuttavia il complesso divenne un piccolo gioiello, prima sotto la direzione dell’architetto Felice della Greca e poi sotto quella di Carlo Fontana.
Un inventario del 1666 contava circa cento trenta quadri che avrebbero dovuto fissare nel tempo le allora storie di battaglia, scene di caccia, giochi di villani, quadretti di genere, paesaggi. Oltre che degli ornamenti anche dei soffitti si trova nota, visti i dipinti e indorati di cui erano stati pregiati. E per finire anche gli esterni citavano: fontane, busti di modelli di imperatori, alberi da frutto rari, un’ Uccelliera affrescata da Camillo Saraceni, i vigneti e gli oliveti che si estendevano a valle della tenuta agricola.
Inoltre la dimora era divenuta col tempo sia luogo d’eccellenza per ospitare attività come l’apicoltura, l’allevamento dei bachi da seta, il pascolo di capre e pecore, sia un habitat faunistico popoloso in cui furono introdotti daini, caprioli, gazzelle, tortore e levrieri.

E’ dalla morte del Cardinale nel 1693 che Villa Chigi iniziò il suo declino. Un nuovo inventario del 1771 constatava già il cattivo stato dei locali, definiti “inservibili”, che deteriorarono completamente quando, nel 1775, la famiglia si trasferì a Castel Fusano portandosi dietro il tetto a travature reticolari che ricopriva la Villa.
Quindi ritroviamo traccia della Versaglia in un cinegiornale del 1950, quando a seguito della riforma agraria e la nascita degli Enti di riforma le terre venivano espropriate e assegnate a grandi proprietari terrieri. In uno stralcio “la piccola Versailles”, così come la definivano un tempo, era allo stesso modo al bando di un frazionamento da cui si ricavarono una cinquantina di quote da 6.000 mq ciascuna. L’Ente Maremma la acquistò senza più riassegnarla. Da una decina di anni, a esclusione della Cappella, gli altri ambiti sono passati al Comune, un po tardi per recuperare ciò che è andato perso e anche molto costoso se si dovesse pensare al restauro di ciò che invece resta.

La cappella ad oggi è l’unico ambiente meglio conservato. Il portale di peperino, lo stemma araldico apposto sul frontale, la pavimentazione, la volta ellittica, l’altare maggiore e le quattro piccole sacrestie restituiscono al luogo la sua originaria sacralità.
Un tempo, per commemorare il Santo, ogni 24 gennaio le scolaresche venivano accompagnate in processione fino alla cappella e li attendevano l’arrivo del Principe, il quale, dopo la funzione religiosa, regalava loro le caramelle, un fatto davvero straordinario per l’epoca.
Ciò che invece non si vede e che però è ancora ben conservato non si trova in superficie, bisogna infilarsi nei sotteranei della Villa, nelle cavità tufacee, pozzi e cunicoli per scoprire cosa si nasconde sotto le macerie. E quindi si rintraccia una antica Cisterna che raccoglie le acque delle vallate di Montefiore e Sodera, una stalla circolare, un vecchissimo passaggio, riportato anche dagli anziani locali, che collegava la Villa a Palazzo Chigi, e chissà quali altri segreti e misteri.

Di tanto in tanto appare la Signorina della Torre, un leggendario personaggio che anima ancora di teatralità il luogo; e di tanto in tanto qualcuno ne calpesta l’impenetrabilità per rintracciare i suoi antichi fasti.
Insomma un anima viva ancora pulsa dentro la Torre. Sia l'anima bianca, un richiamo lontano che si confonde nel volteggiare dei pennuti neri e delle loro grida. Sia l'anima nera, uno spettro paziente che siede composto in attesa che anche gli ultimi ritagli di mura cadano a seppellire per sempre il respiro di Flavio Chigi.


Foto: (Archivio Doppio Click)


 
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