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Dieci Domande a Nanni Schiffi-Deiler, fotografa e regista

Mostra nel Palazzo Chigi a Formello


1.Partiamo dai punti che le hanno scaturito l’amore per la fotografia. Lei ha avuto un grande maestro Antonin Kratochvil, deriva da questo incontro il suo appassionante lavoro per i temi sociali?
“Ho lavorato fianco a fianco con Antonin, si, seguendo il suo metodo creativo e il suo approccio al sociale. Lui ha avuto un’infanzia difficilissima, così anche la mia lo è stata. Il suo stile mi ha influenzata di certo ma il primo passo per intraprendere il percorso che ho scelto parte proprio dalla mia vita e dalle mie esperienze”

2. Cosa rappresenta per lei la fotografia?
“Si può dire che è stata il mio “salvagente” e che ho scelto Antonin e anche James Nachtwey, altro grande maestro dell’Agenzia VII di New York, proprio per affinità con la sfera privata. Un fotografo deve sentire prima di fotografare, deve essere sensibile prima di utilizzare qualsiasi tipo di tecnica”

3. Lei ha una sua intima verità che ci può essere utile per capire meglio il lavoro che c’è dietro ogni foto?
“Mi piace molto la citazione di Susan Sontag “fare una foto è partecipare alla vulnerabilità delle vita di un’altra persona, alla sua mutabilità”. Lo condivido perché credo che quando un fotografo sente la sua propria vulnerabilità è capace di lavorare attraverso di essa. Io lavoro molto sulle mie fragilità”

4. Come pensa un fotografo debba approcciarsi alla sofferenza altrui?
“Diciamo che una volta affrontata la propria vulnerabilità è necessario avere rispetto per gli altri. Bisogna tenere presente che si sta fotografando il loro dolore e soprattutto le privazioni di cui sono vittime”

5. E c’è qualcosa che bisogna considerare prima di tutto?
Assolutamente dare loro dignità. E’ il primo consiglio che mi sento di dare, sono esseri umani, non fenomeni da baraccone. Non gli va rubato uno scatto a tutti i costi, loro sentono se le tue intenzioni non sono pure, se li vuoi solo usare. L’energia che trasmette una foto sarà avvertita anche da chi andrà a visitare la mostra, se non sei stato onesto lo capiranno tutti”

6. I ragazzi che hanno fatto parte del suo progetto, Between-in sospeso, pensa abbiano migliorato la loro condizione di vita?
Si, è sicuramente diversa ma non del tutto, purtroppo so che molti di loro non hanno una situazione facile in Europa. Sono fuggiti da una condizione indegna. Non possono tornare indietro ma non sono in grado di andare avanti. Traumatizzati dal loro passato ma traumatizzati anche dal trattamento che riserva loro l’Europa. Molto triste”

7. Lei ha scelto loro per cercare di porre l’attenzione su certi temi che oggi tra l’altro sono più che mai attuali. Come si sente nel sapere che versano in condizioni difficili?
“Sono triste. Assolutamente consapevole che il mio lavoro non salverà tutti. Dall’altro lato però sono certa di riuscire ad arrivare a un pubblico che a mano a mano può acquisire maggiore conoscenza se gli si danno le chiavi per farlo. Quindi anche fiduciosa. La fotografia può contribuire a scuotere le menti, dare un aiuto in tal senso”

8. Lei non ha solo fotografato i ragazzi ritratti: gli ha messo in mano una macchina fotografica e li ha resi partecipi della mostra facendoli esporre di fianco alle sue fotografie. Dando loro voce. Ci sono perfino i loro pensieri. E questo è molto più di un progetto fotografico.
“Ecco, penso che almeno da questo punto di vista il risultato sia incredibile. Hanno espresso ciò che sentivano attraverso le foto. Un percorso graduale che gli ha permesso di capire per la prima volta nella loro vita che potevano essere notati come persone nella loro individualità e non come individui nascosti dietro l’anonimità del termine “rifugiati”. 
Gli Europei in genere commettono l’errore di vederli come rifugiati e dimenticano che dietro ogni sguardo c’è invece una persona”

9. Da dove nasce la Mostra Between?
“E’ un progetto di lunga data, ho iniziato a lavorarci nel 2011. Ero a Monaco. E siamo nel 2016. Ha attraversato diversi paesi e ora è qui in Italia, ci rimarrà per un anno. Attualmente a Formello presso la Sala Orsini di Palazzo Chigi. Wow!”

10. Progetti futuri?
“Sarebbe bello portare la mostra a Roma o ovunque meriti di essere visitata. Tra l’altro il prossimo catalogo della mostra sarà tradotto in Italiano”

Nel ringraziare l’autrice per la totale disponibilità vi invitiamo a visitare la mostra aperta fino al 6 Novembre presso Sala Orsini di Palazzo Chigi
Orari: mart e giov 10-12 /15-17 - sab e dom 10-12
Ingresso libero
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