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In pensione non prima dei 67 anni


A partire dal 2019 l'età pensionabile aumenterà di nuovo: così, tra un paio di anni si potrà andare in pensione non prima di avere compiuto 67 anni. Stando alle ultime rilevazioni Istat, insomma, tra poco più di 12 mesi si potrà concretizzare uno scatto di 4 mesi rispetto ai requisiti attuali: insomma, lavoreremo di più e ci riposeremo quando saremo più vecchi. Se da un lato l'incremento della speranza di vita è un fattore positivo, dall'altro lato esso comporta un parallelo aumento dell'età che si deve raggiungere per poter andare in pensione.

Cosa accadrà nel 2019

Nel 2019 l'età pensionabile sarà 67 anni: solo al raggiungimento di tale traguardo sarà possibile - con le dovute eccezioni - uscire dal mondo del lavoro. Secondo le informazioni riportate dai quotidiani, per i lavoratori e per le lavoratrici del nostro Paese lo scatto in questione implicherà un cambiamento notevole, con la pensione di vecchiaia per i dipendenti del pubblico impiego che non si raggiungerà più a 66 anni e 7 mesi, ma a 66 anni e 11 mesi o a 67 anni pieni. Lo stesso traguardo si rivelerebbe ancora più impegnativo per le lavoratrici dipendenti del settore privato, che già nel 2018 dovranno fare i conti con uno scatto di un anno che non è correlato con i trend demografici. Insomma, mentre gli uomini per uscire con la pensione anticipata dovrebbero giungere a 43 anni e 2 mesi (mentre la situazione attuale prevede che arrivino a 42 anni e 8 mesi), per le donne lo stesso gradino dovrebbe essere affrontato con lo sconto di un anno.

Perché è importante la speranza di vita

La speranza di vita è stata presa in considerazione per la valutazione dei requisiti di uscita solo negli ultimi tempi, e in particolare nel 2010, per poi entrare in gioco in maniera definitiva alla fine del 2011, con la nascita della famigerata riforma Fornero. A quel tempo si riteneva probabile un allungamento della vita media degli italiani, che è stato effettivamente confermato nel 2013, quando è stato dato il la a uno scatto di tre mesi (anche se l'effettivo andamento avrebbe presupposto un aumento di ben cinque mesi). Lo scorso anno, poi, si è proceduto con un ulteriore adeguamento, questa volta di quattro mesi. Nel 2011 le previsioni demografiche ipotizzavano per il 2065 un'età per l'accesso alla pensione di vecchiaia pari a 71 anni e 3 mesi: ma è ovvio che una previsione con una scadenza così lunga deve essere presa con le pinze e ha un valore relativo.

Che cosa succederà tra due anni

In effetti allo stato attuale non si può neppure essere certi di quello che accadrà nel 2019: per avere un quadro più chiaro sarà necessario attendere la fine del 2017, con l'adozione del decreto previsto sulla base dei dati Istat definitivi riguardanti i trend dell'aspettativa di vita nei precedenti tre anni. La tabella di marcia che era stata prevista in precedenza in funzione delle previsioni demografiche del passato, secondo la quale sarebbe stato necessario uno scatto di cinque mesi, potrebbe comunque essere rispettata grazie al recupero del 2016, ma è bene tenere presente che se anche i numeri definitivi dovessero mostrare uno scenario differente rispetto a quello previsto con le stime dell'Istat si avrebbe a che fare con quattro mesi in più.

Quel che appare certo, in sostanza, è che i trentenni di oggi andranno in pensione molto più tardi rispetto ai loro padri: l'equilibrio del sistema è sempre in bilico perenne, sul punto di interrompersi da un momento all'altro.

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