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L'uomo della mediazione, schivo all'apparenza e cresciuto a pane e politica.


A volte quello che la vita ci toglie poi ce lo restituisce. Sì, magari in altri modi e in altre forme. E forse la sua elezione a Presidente della Repubblica lo conferma.

La mattina del 31 gennaio, Sergio Mattarella viene eletto Presidente con 665 voti. Uomo temperato, misurato, moderato persino nel cibo e circondato da un alone di imperturbabilità di retaggio democristiano.
Nel giorno dal suo insediamento al Colle non possiamo non cercare di capire l'identità di un uomo che Renzi definisce «un democristiano anormale».

Palermitano, classe 1941 e cresciuto a pane e politica: il padre Bernardo fu membro dell'assemblea costituzionale e più volte ministro per la DC. Il fratello, Piersanti, assassinato da Cosa Nostra, sotto la sua abitazione. Il mese era lo stesso di quello in cui Sergio è eletto Presidente, l'anno il 1980.

In una famiglia dove la politica era di casa, se non fosse per l'assassinio del fratello, forse Sergio nella vita avrebbe fatto altro: era, infatti, professore di diritto parlamentare all'Università di Palermo.
L'inizio della sua carriera politica avviene nel 1983, con l'elezione alla Camera nella circoscrizione della Sicilia Orientale, fino a ricoprire più volte il ruolo di ministro.

Sono gli anni '90 a segnare, in particolar modo, la carriera politica di Mattarella: la vicenda Mani Pulite, Tangentopoli e la sua rielezione alla Camera. Sarà ricordato principalmente per essere stato il protagonista delle riforma elettorale, il cosiddetto Mattarellum, in vigore fino al 2005. Legge dapprima aspramente criticata e poi rivalutata.

Un uomo, Sergio Mattarella, che non ha paura di prendere posizione e decretare decisioni: le sue critiche all'intervento militare in Serbia, l'abolizione del servizio militare obbligatorio e la fervida opposizione alla legge Mammì.

Un uomo per il quale la Politica è, innanzitutto, mediazione; un uomo che potremmo dipingere con le stesse parole che egli stesso usò nei confronti del fratello Piersanti: «la vita va impiegata, spendendo bene, evangelicamente, i talenti che si sono ricevuti». E siamo sicuri che Sergio lo farà.
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