Il karate è un'arte marziale originaria delle isole Ryukyu, situate nel sud del Giappone. Nato probabilmente dallo sviluppo di una tecnica di combattimento già praticata dagli abitanti dell'isola, il karate si caratterizza per il mancato utilizzo di armi. Bensì attualmente considerata disciplina puramente sportiva, inizialmente il karate era concepito come metodo di difesa personale.

Intorno al XVI secolo l'arcipelago di Ryukyu era suddiviso in tre regni, tra i quali quello di Okinawa, il quale da sempre aveva stabilito rapporti commerciali con la Cina. Probabilmente, dalla Cina erano state importate anche alcune tecniche di combattimento che cominciarono ad essere diffuse tra gli abitanti dell'isola. Il regno di Okinawa era a sua volta diviso in tre principati. Questi furono riunificati, intorno al 1500, in un unico regno,  che prese appunto il nome di Regno di Ryukyu.
Il sovrano Sho Shin vietò a tutti i sudditi il possesso delle armi, così come quello di oggetti di uso quotidiano che potevano essere usati come tali. È a partire da questo divieto che gli abitanti dell'isola svilupparono una tecnica di combattimento che non prevedeva l'uso di armi, allo scopo di difendersi dagli attacchi dei soldati giapponesi.

Nacque così la Okinawa-te, che letteralmente significa «mano di Okinawa» ma che per metonimia abbraccia il significato più ampio di «arte di Okinawa», dalla quale prese avvio lo sviluppo del karate.
Inizialmente praticata solamente dai ceti nobili dell'isola, che si curavano di tenerlo ben segreto, successivamente l'arte del karate fu estesa anche ai ceti meno abbienti.
Attualmente, i grandi maestri di karate ritengono che la scelta del sovrano Sho Shin di vietare le armi sia stata una delle scelte più sagge che egli potesse fare: è opinione comune, infatti, che sia stata proprio la loro messa a bando a permettere lo sviluppo di una tecnica di combattimento che non prevedeva l'uso di armi.

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